Il branco razzista

"Verona che dialoga" interviene sui fatti accaduti a Roncolevà nei giorni scorsi. La casa dove sono ospitati alcuni migranti è stata presa a sassate dai "razzisti itineranti" che si identificano in Verona ai Veronesi. Roncolevà non è Verona, lo dice il nome stesso; ciononostante il gruppetto di intolleranti, con derive fascistoidi, continua imperterrito con la propria attività di protesta ed intimidazione. Rispondono le associazioni raggruppate nel cartello "Verona che dialoga". È una prima risposta che, se rimane solo sulla carta, rimane risposta debole e di facciata. È merito e tradizione della sinistra e della società civile garantire a tutti il diritto di manifestare il proprio pensiero, basta che sia all'interno dei dettami costituzionali. Tutto questo non riguarda quello che sta accadendo in molti paesi della provincia e che è avvenuto pure in città.
La deriva xenofoba e fascista non può essere fermata solo dall'azione delle forze dell'ordine ma la loro azione deve essere supportata pure dalla presenza attiva, concreta e nonviolenta dei cittadini e delle cittadine che la pensano diversamente. Riprendere l'azione e riprendere la piazza per contrastare idee di razzismo e chiusura che trovano terreno fertile città.
Quella messa in atto da "Verona ai veronesi" somiglia molto alla "pratica del branco" applicata per anni nel centro della città e che causò la morte di Nicola Tommasoli.
Meglio prevenire.
Agostino Mondin