8 marzo 2016 dedicato alle donne rifugiate

Quest'anno l’8 marzo del Parlamento europeo è dedicato alle donne rifugiate. Delle circa 900mila persone che, da gennaio a novembre 2015, hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere le nostre coste il 38% erano donne con a seguito bambini.
Per questo, durante la Giornata internazionale della donna, a Bruxelles si voterà in plenaria il Rapporto sulla situazione delle donne rifugiate e richiedenti asilo. Un modo per denunciare come, ad oggi, vi sia «una fortissima discriminazione di genere sulle richieste di asilo nonostante le donne siano un terzo della popolazione richiedente» e nonostante siano spesso vittime di violenza nei loro Paesi d’origine e durante il viaggio, perché nella fuga sono molto più esposte e vulnerabili rispetto agli uomini. A dispetto di questa consapevolezza, non esiste un’assistenza e un’accoglienza diversa che tenga conto del genere.
Nell’aprire il seminario dedicato alle rifugiate, la responsabile della Commissione sui diritti delle donne, Iratxe Garcia Perez, ha sottolineato come questo tempo che stiamo vivendo sia «il cimitero della dignità europea». Non potrebbe esserci altra definizione a commento delle immagini di questi giorni, a commento dello sgombero del campo profughi di Calais, al silenzio che sovrasta i circa 2mila bambini, per lo più siriani e iracheni, intrappolati in un altro campo, quello greco di Idomeni.
E a noi, a noi così tanto accaniti nei vari dibattiti su quel che gira attorno alle fasi che precedono la nascita dei bambini, a noi, pronti a salire sulle barricate per farci paladine e paladini di tutto ciò che precede la vita – battaglie legittime ma mai sostitutive di quelle quanto mai urgenti di chi in vita c’è già – dedichiamo un reportage fotografico che mostra Dove dormono i bambini profughi.
Per non dimenticare che tutto ciò che sta nel mezzo, tutto ciò che è vita e di vita pulsa, non può essere abbandonato, lasciato indietro, ha bisogno di quelle stesse barricate, della stessa accanita difesa che si riserva a ciò che ancora deve arrivare. Perché il tempo per vivere è oggi, e quell’oggi ci riguarda tutte e tutti ed è il motivo per cui va difeso e protetto.
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dalla Newsletter 09/16